Come annunciato dalla Bce la politica espansiva del quantitative easing terminerà con il 2018. Se il Qe ha spinto le banche a ridurre gli spread ai minimi storici, la sua fine non sembra generare ancora effetto contrario sul mutuo tasso fisso. Dalle ultime quotazioni si evince infatti che i tassi ai minimi proseguono e sono addirittura in ribasso. Oggi è possibile stipulare un tasso variabile allo 0,5%.

Il miglior mutuo tasso fisso si attesta intorno all’1,4%.

La cosa sorprendente è che sui fissi è ancora ampio il numero di banche che – nonostante la fine del piano espansivo di quantitative easing– applica spread tra lo 0 e lo 0,1%.

Essendo lo spread il margine lordo che la banca punta ad ottenere dal mutuo ed essendo in molti casi molto prossimo allo 0 significa:

in primis che molte banche considerano oggi il mutuo un prodotto ponte per attirare clienti a cui vendere successivamente prodotti più profittevoli;

e in seconda battuta, che nel futuro le banche immaginano di acquistare il denaro all’ingrosso a tassi più bassi rispetto a quelli attuali e di trasformare la differenza di questa operazione di “tesoreria” in un utile da agganciare indirettamente al mutuo.

Comunque sia, vista dal lato dei mutuatari – tanto quelli che si apprestano a chiedere un nuovo finanziamento quanto quelli che giustamente valutano un cambio in corsa delle vecchie condizioni attraverso le modalità della rinegoziazione (con la stessa banca) o della surroga (con un’altra banca) – si tratta di ottime notizie.

Perché se la fine del Qe può essere un segnale in apparenza restrittivo, ci sono altri fattori che allontanano il momento in cui i tassi torneranno a salire con forza e quindi a costituire una fonte di preoccupazione per la categoria dei debitori. A partire dalla politica monetaria che resterà comunque una politica accomodante ancora per un pò….

 

Fonte: articolo de Il Sole 24 Ore scritto da Vito Lops pubblicato il 15 luglio 2018